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Io e Beethoven - Epoca: Classicismo

Diego Minoia - musicista e scrittore
Pubblicato da Diego Minoia in Film musicisti classica · 4 Febbraio 2010

Diciamolo subito: il film Io e Beethoven (regia di Agnieszka Holland 2006) ha deluso le mie aspettative, come del resto succede quasi regolarmente con i cosiddetti biopic (film biografici) di argomento musicale.



Vi sono però alcune scene che possono essere utilizzate nella didattica per stimolare utili riflessioni sul grande compositore di Bonn, sul suo percorso artistico e sulla sua epoca.
Ma andiamo con ordine.
La trama del film è quasi completamente inventata e rari sono i riferimenti a situazioni vere e rappresentate in modo credibile.
Il personaggio intorno a cui ruota la narrazione infatti è Anna Holtz, compositrice mai esistita, che nel film diviene copista di Beethoven.
Lo stesso titolo del film, Io e Beethoven, denuncia chiaramente che non è il compositore il fulcro dell'interesse della regista: avrei apprezzato certamente di più un film intitolato, e realizzato conseguentemente, partendo dal titolo Beethoven ed io.
Nel corso del film possiamo notare che il compositore viene descritto, in questo caso coerentemente con la realtà, come un uomo ombroso e irascibile.
Nella relazione con la copista, puramente professionale ed umana, sembra però che il suo imperioso carattere si pieghi e si addolcisca.
Decisamente troppo.



La regista non solo mostra un Beethoven che accetta tranquillamente che la sua copista "corregga" un passaggio della 9^ Sinfonia ma addirittura non fiata neppure quando lei gli spiega il significato di quel passaggio!
Ma stiamo scherzando?!
Non solo.
Beethoven viene mostrato in una scena in cui, presso il convento dove risiede Anna Holtz, si inginocchia davanti a lei per implorare il suo perdono (in precedenza aveva dileggiato una composizione che la compositrice/copista gli aveva sottoposto).
Non esiste proprio.
Persino nell'unica scena legata ad un fatto realmente accaduto (la prima esecuzione della Nona con Beethoven che dirige l'orchestra assistito) la regista ha travisato la verità storica mostrando Anna Holtz che, nascosta tra gli strumentisti, dà gli attacchi al compositore affinchè non sbagli.
La verità storica invece dice che fu Michael Umlauf, direttore musicale del Teatro Kärntnertor, a dirigere l'orchestra a fianco del compositore.
Per non parlare del fatto che Beethoven viene mostrato come uno un po' duro d'orecchi ma che riesce a dialogare tranquillamente mentre a quell'epoca (ricordo che il film narra vicende ambientate tra il 1824 e il 1827, anno della morte del compositore) Beethoven non sentiva quasi nulla ed era costretto ad usare i famosi quaderni dove gli interlocutori scrivevano ciò che avevano da comunicargli.



Se aggiungiamo l'evidente "ispirazione" (la vogliamo chiamare così?) della scena in cui Beethoven ammalato detta la musica alla copista, evidentemente ripresa dalla parallela scena presente in Amadeus di Milos Forman (film realizzato 22 anni prima), capiamo il livello di originalità ed ispirazione della regista.
Accertato che la trama è totalmente fantasiosa, e quindi inutilizzabile come sussidio didattico da proporre agli studenti, veniamo ora agli aspetti che possono invece essere utili, quantomeno per stimolare riflessioni.
La scelta dell'artista, per esempio, di abbandonare il linguaggio convenzionale della sua epoca, che lo aveva portato al successo ed alla grande considerazione popolare, per esplorare nuovi ed impervi sentieri espressivi.
Utile, a questo proposito, la scena della prima esecuzione della Grande fuga per Quartetto, nella quale (un po' troppo didascalicamente a mio parere) si vedono i presenti alzarsi uno ad uno ed abbandonare la sala.
Il linguaggio musicale usato era troppo aspro e innovativo per gli ascoltatori dell'epoca.
Questo è uno spunto di riflessione che potrebbe essere utilmente sviluppato in classe.
Qual è il fine dell'arte? A cosa deve puntare l'artista quando crea? Cosa spinse Beethoven a questa scelta? Fece bene o male?
Volendo poi attualizzare la situazione si potrebbe proporre qualche spunto legato a scelte artistiche simili, magari tratte da generi musicali diversi rispetto alla musica colta.
Validi anche esempi tratti da altre forme artistiche.
Un suggerimento legato alla musica leggera?
Perchè non approfondire le ragioni di Lucio Battisti che, al culmine della carriera e del successo, cambiò paroliere ed iniziò a produrre canzoni stilisticamente e contenutisticamente divergenti rispetto a quelle che lo avevano portato al successo?

Copyright Diego Minoia 2010


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