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A proposito di 4.33 di Cage

Diego Minoia - musicista e scrittore
Pubblicato da Diego Minoia in Cultura e società · 27 Febbraio 2012
Tags: musicasilenziocageprovocazione

Riprendo da una discussione del gruppo Amanti musica classica su Linkedin un argomento che ho già in passato trattato ma con taglio diverso: la composizione 4.33 di John Cage.
Ecco il filmato della versione per orchestra:
http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=hUJagb7hL0E


Considero fuori luogo le gags del Direttore, che dimostra così di non aver capito il senso dell'operazione di Cage che, qualunque fosse, di certo non voleva essere un modo semplice per far ridere il pubblico con trovatine da avanspettacolo.
Se avesse capito il senso dell'operazione del compositore non solo non si sarebbe lasciato andare a trovate di bassa lega, ma se ne sarebbe uscito dalla sala al termine del brano senza alcun tipo di comportamento tradizionale tipico delle sale da concerto al termine di un'esecuzione.
Il titolo Il silenzio è un'indicazione precisa, come precisi sono i 273 secondi corrispondenti allo zero assoluto.


La valorizzazione dei rumori della sala, involontari come i colpi di tosse o volontari come i mormorii di stupore (dopo un certo lasso di tempo di inattività del pianista o dell'orchestra) o gli improperi (da parte di chi si sentì preso per i fondelli) sono il cuore della provocazione dell'autore.
Proprio per questo aggiungo che, se anche il pubblico avesse capito il messaggio, forse non avrebbe dovuto applaudire, continuando a meditare in silenzio sul messaggio ricevuto (ma forse anche l'applauso può rientrare nei fenomeni sonori che "diventano" la composizione di Cage).

Un ulteriore spunto di analisi, da una diversa angolazione, potrebbe essere riflettere su cosa succede agli "esecutori" del brano.
Cosa pensano durante i 273 secondi?
Qualcuno rifletterà certamente sul senso dell'opera in modo partecipato mentre altri, altrettanto certamente, saranno imbarazzati dalla situazione (nelle inquadrature si nota come qualcuno faccia fatica a trattenere un sorriso) o penseranno ai fatti loro.
A questo proposito mi sovviene quanto diceva il mio insegnante di musica alle scuole medie (allora la materia era facoltativa), trombonista dell'orchestra della Scala, a proposito delle musiche aleatorie che in quel periodo venivano eseguite anche da quell'orchestra.
Secondo i suoi racconti nei momenti di alea alcuni strumentisti cercavano di "creare" eventi sonori legati in qualche modo (almeno secondo la loro interpretazione) al materiale musicale creato dal compositore mentre altri suonavano la prima cosa che veniva loro in mente, a volte addirittura tratta dal repertorio tradizionale se non addirittura dalla musica popolare.
Ecco così che nel bel mezzo di una fase aleatoria di musica contemporanea, nascosti in mezzo alla cacofonia generata dalla combinazione simultanea di molti strumenti, si sarebbero potuti distinguere frammenti della Marcia trionfale dell'Aida suonati da una tromba piuttosto che Quel mazzolin di fiori proposto da qualche clarinettista appena tornato da un fine settimana in montagna con gli amici.
Se Cage ci ha spinto , con i suoi lavori, a riflettere anche su questi aspetti del "fare musica" la sua opera non è stata vana.

Copyright 2012 Diego Minoia




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