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Hustle & Flow - Il colore della musica

Diego Minoia - musicista e scrittore
Pubblicato da Diego Minoia in Film musica e società · 3 Novembre 2010

Hustle & Flow (con il solito titolo italiano, Il colore della musica, che non c'entra per nulla) è un film del regista americano Craig Brewer, prodotto nel 2005 dal network musicale MTV.



Giocando tutte le carte sull'attrazione giovanile per la musica dei ghetti neri americani, il film si inserisce nel filone "nero un po' delinquente e un po' sfigato riesce ad emergere grazie alla musica".
Come la versione "bianca" proposta da Eminem in 8 miles anche qui l'ambientazione è la periferia dell'impero, abitata da personaggi che galleggiano nella vita cercando di non essere sommersi dal nulla della quotidianità e sbarcano il lunario sognando un futuro migliore che dovrebbe arrivare grazie a qualche contatto giusto.
Come in tutti i film di questo tipo (ma il discorso vale anche per quasi tutte le pellicole cinematografiche) l'idea che per riuscire in qualsiasi attività serva impegno costante, sudore e, magari, anche un po' di talento, sembra non sfiorare gli sceneggiatori.
Così ci troviamo D Jay, il protagonista, giovane pappone pseudo-filosofo che campa sfruttando alcune ragazze che, improvvisamente, grazie ad un fortuito incontro con un vecchio amico che sopravvive facendo registrazioni di gospel, decide di diventare un rapper.



Ecco quindi che, di punto in bianco, inizia a scrivere su foglietti sparsi i suoi testi.
Con questo film, dopo aver visto la stessa cosa in 8 miles, ne abbiamo avuto la conferma: sembra che per diventare rapper l'uso di block notes o più tradizionali quaderni sia assolutamente sconsigliato.
Anche in questo film i quartieri neri, che nel cinema di altro genere ci vengono mostrati come covi di violenti che passano il tempo a drogarsi e scontrarsi tra bande, sono descritti come abitati da personaggi tutto sommato quasi integrati.
Si, è vero, qualche marachella la combinano, qualche sgarbo lo regolano con incontri ravvicinati tra i loro pugni e la faccia del malcapitato, ma suvvia, alla fine si fermano prima di ammazzarlo!
E' evidente che per il produttore (MTV, lo stesso della TV che trasmette in continua video-clip musicali e che ha grande audence tra i giovanissimi) era preoccupato per eventuali rimostranze delle potenti organizzazioni americane che tutelano la moralità.
Per questo tutto sembra un po' troppo falso, dall'ambientazione ai dialoghi che hanno il loro massimo livello di violenza nella discossione tra D Jay e una delle "sue" ragazze che lo molla dopo avergli detto cosa pensa di lui: che è un fallito, in poche parole.
Ma D Jay ormai ha una missione: diventare famoso e dare una svolta alla sua vita.



Convince l'amico tecnico del suono a portare da lui la sua attrezzatura, trasforma una stanza della sua stamberga in sala di registrazione (con i classici contenitori delle uova alle pareti per isolare acusticamente, per quanto possibile, l'ambiente),si procura un microfono di buona qualità (grazie all'intervento di una sua "protetta" che provvede ad un cambio merce con il negoziante) e coinvolge come corista un'altra delle sue donne, temporaneamente in "aspettativa per maternità".
L'obiettivo è portare il nastro a Skinny Black, l'idolo del quartiere che si è ritagliato un po' di celebrità con la sua musica, in occasione di una sua rimpatriata in un locale di cui D Jay è il fornitore abituale di "erba" (ah già, dimenticavo di dire che oltre che pappone il nostro è anche uno spacciatore).
Il nastro viene preparato e consegnato ... ma le cose non vanno proprio per il verso previsto dal nostro eroe, che si ritrova a scontare sei mesi di galera.
Ma poteva mancare il lieto fine?
Ovviamente no.
Ecco infatti che una delle sue ragazze si trasforma in promoter e, "battendo" a tappeto tutte le radio della zone (e il verbo è usato in senso anche traslato) riesce a far trasmettere la canzone di D Jay che diventa famoso nel quartiere al punto che due secondini della prigione, loro stessi apprendisti rapper, gli chiedono aiuto per entrare nel mondo dorato dell'industria musicale.
Che farà il nostro? Mah, forse lo sapremo nel sequel ... se mai ci sarà.
Intanto ci lascia una delle sue perle di saggezza:"Sapete che si dice? Ognuno deve avere un sogno a questo mondo".
Ecco il messaggio del film, il solito sogno americano che, secondo la mitologia consolidata, permette a tutti di avere almeno una possibilità per realizzare i propri sogni.
copyright Diego Minoia 2010


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